I grandi assaggi che lasciano il segno

Cari amici, questo articolo voglio dedicarlo a un vino che ho potuto degustare recentemente che ha destato in me una grande curiosità e voglia di approfondimento, ovvero il Friulano di Schiopetto.

Non avendo ancora avuto la possibilità di visitare l’azienda di persona, non vorrei dilungarmi in una panoramica descrittiva troppo ampia, dove andrebbero certamente a mancare emozioni che vivrei solo essendo là.

A suo tempo bersagliato nella famosa rivendicazione tra “Tocai” “Tai” e via dicendo, l’odierno “Friulano” non ha mai smesso di essere importante e notevole. Tuttavia in questo periodo sento parlare poco di questo vino, e mi piaceva l’idea di “rispolverarlo” un po’! Grazie a quello di Schiopetto ho avuto l’occasione di tornare a prestargli attenzione. 

Mi piace il Friulano, è un vino che non bevo spesso, ma che incontra il mio gusto in diverse occasioni. Adoro la complessità che può arrivare a raggiungere, sia al naso che in bocca, e che esprima a mio avviso la tipicità della sua terra di origine.

Il mio articolo sarà soprattutto dedicato a farvi conoscere un prodotto che ho apprezzato molto, attraverso quella che è stata la mia personale esperienza di degustazione.

Detto ciò ritengo tuttavia utile spendere due parole sul produttore e la sua storia, che mi hanno appassionato sin da subito!

Mario Schiopetto, pioniere fra i pionieri

Grande rispetto e dedizione per la propria terra, sono state le chiavi di un successo conquistato da Mario Schiopetto nel tempo. Sembra una banalità, ma neanche tanto. Trasformare delle terre incolte per tornare a curarle con precisione e attenzione ai dettagli, sfruttare il potenziale del territorio, per poterne parlare attraverso il frutto più importante, il vino. Sfidare anche la tradizione, ogni tanto.

Mario Schiopetto preleva l’azienda di famiglia ufficialmente alla fine degli anni ’80, anche se è già nel 1965 che produce il suo primo “Tocai” in purezza, per la prima volta interpretato in chiave moderna.

E’ anche l’inizio di una nuova concezione di vino bianco italiano. Ben presto infatti, Mario si inserisce in un gruppo di produttori che diventeranno noti per il loro contributo innovatore e moderno nella produzione di vino italiano di qualità. Nomi come Ceretto, Antinori, Gaia e molti altri, saranno insieme a lui veri e propri “pionieri” e compagni di viaggio.

Il contributo dato da Mario Schiopetto è tutt’oggi prezioso, in quanto non solo innovatore ma anche rivoluzionario. Grande influenza ebbero anche i suoi viaggi, soprattutto quelli tra Francia e Germania, da cui ha attinto eleganza e tecnologia.

Il Friulano

Conoscere la storia di Mario Schiopetto a distanza di tempo da quella che è stata la sua evoluzione come maestro, è un’emozione. Un onore degustare un vino che oggi rispecchia ancora quella stessa filosofia che Mario ci ha lasciato in eredità, e ancora portata avanti dalla nuova generazione. 

L’azienda Schiopetto oggi continua infatti a produrre vini di alta qualità, in una cantina moderna e tecnologicamente avanzata. Mi ha ispirato tantissimo scoprire che la cantina è totalmente circondata dai propri vigneti! Sono ben quattro i cru aziendali, ciascuno dei quali dedicato a valorizzare determinati vigneti.

Quello di Capriva (zona Collio Goriziano) è il cru da cui provengono le uve dedicate alla produzione del Friulano Linea Mario Schioppetto. Un bianco davvero pazzesco che ho ancora i brividi a raccontare! Un vino che incarna perfettamente lo stile di produzione di Mario: eleganza e precisione nel raccontare sia il vitigno che il territorio.

La degustazione

Il colore è già una parte di poesia, non mi stancherò mai di dire quanta poca importanza diamo a questa analisi della degustazione! Giallo paglierino dai riflessi quasi dorati, intenso, accattivante.

Il naso è un’esplosione di profumi ed emozioni, un’esperienza toccante che mette davvero in moto la voglia di percepire ogni singola sfumatura olfattiva.

Al palato infine, emerge la sua vera essenza. Un Friulano complesso ricco di personalità e grinta, sapido, fresco, avvolgente, molto lungo nella persistenza, con una bella chiusura di nota ammandorlata. Gran bella finezza, equilibrio, stupefacente coglierne l’ampiezza, considerato che si tratta di un vino che fa solo acciaio.

Amici, sono davvero contento di avervi raccontato questo calice, ma soprattutto di aver come vi dicevo avuto l’occasione di “rispolverare” un vitigno e una zona ancora nobili ma un po’ trascurati. In più ho fatto tesoro di una storia importante, di un’eredità preziosa anche solo per un appassionato ricercatore come me.

Forse a volte non mi soffermo abbastanza sulla storia di ogni singolo vino, ma beh, questo grande Friulano mi ha sicuramente fatto venire voglia di farlo 🙂

 

Alla prossima!

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