Un fruttuoso “toccata e fuga”!

Un toccata e fuga alla decima edizione di Vini da Terre Estreme tenutasi a Villa Braida lo scorso 6 novembre dove ho potuto assaggiare qualcosa di interessante e meritevole. L’evento promosso da Pilota Green che ha lo scopo di valorizzare quell’Italia che sa offrire qualità e grandi vini anche nei suoi territori più impervi.

Ho partecipato diverse volte all’evento, e ogni volta mi porto a casa nuovi ed interessanti assaggi e storie di territori davvero incredibili! L’ultima edizione a cui avevo partecipato era l’ottava, se siete curiosi degli assaggi precedenti vi rimando a questo articolo. Quest’anno purtroppo ho potuto dedicare solo poco tempo alla degustazione e quindi mi sono concentrato su qualche proposta davvero inedita per me.

Eccovi dunque alcuni appunti di degustazione degli assaggi che più mi hanno colpito.

Appunti di degustazione

Cantina Eudes – “Bianco di Monte” Etna Bianco DOC

Il primo calice che assaggio in assoluto, va già bene, mi piace! Assaggio questo Carricante in purezza di tenuta Eudes, e dunque comincio in Sicilia. Quella dell’Etna è una zona accattivante, per la quale la Sicilia si sta facendo apprezzare sempre di più e che offre alcuni fra i vini più qualitativamente meritevoli dell’isola. Della Sicilia amo soprattutto i bianchi, che hanno spesso una grinta minerale e sapida, qualità che ho ritrovato anche in questo Etna bianco. L’ampio e fine ventaglio di profumi ha regalato anche sfumature di agrume, pesca bianca, ben intrecciate a quelle minerali e iodati che riportano inevitabilmente al terroir vulcanico. Al palato non nasconde la sua grinta, che però scorre fluida e senza spigoli, semmai con piacevolezza ed equilibrio.

Eudes Bianco Etna DOC

Brasile e metodo Classico

Vengo successivamente attirato dalla proposta di Miolo, una realtà brasiliana di cui ho assaggiato due metodo classico. Oltre alla particolare e “atipica” provenienza geografica, ciò che colpisce è il metodo di affinamento del vino. Riprendendo una tecnica già consolidata da alcune realtà anche italiane, il metodo classico di Miolo è infatti il primo in Brasile ad essere affinato sott’acqua. Più precisamente nell’isola di Ouessant, dove la temperatura nel fondale marino si aggira costantemente intorno agli 11 e i 13 gradi. Devo ammettere che questa tecnica di affinamento mi affascina e no al tempo stesso. Nel senso che ha certamente un lato “poetico”, ma non la ritengo una tecnica per forza migliore ad altre, e penso che il consumatore finale dovrebbe essere comunque portato a indagare nel calice senza farsi condizionare. Per il resto ha sicuramente degli aspetti vantaggiosi, ma come sempre anzitutto occorre considerare la qualità che arriva da come si è lavorato prima.

Se non mi avessero entusiasmato ovviamente non ve ne starei parlando! E quindi dopo aver sentito la storia così originale di questa realtà brasiliana, mi concentro quindi sulla degustazione dei due metodo classico proposti. Si tratta di due prodotti ottenuti da Pinot nero e Chardonnay, uno vinificato in bianco e uno in rosè, 20 e 36 mesi sui lieviti. Mi hanno colpito entrambi per il garbo e la finezza, riscontrabile tanto nei profumi che nella bollicina. Le sfumature olfattive hanno rivelato piacevoli note fragranti, di burro e una lieve tostatura, cenni di frutti rossi e crema nella versione rosè. Buono anche l’equilibrio fra acidità e sapidità, e la sensazione cremosa dell’effervescenza.

Miolo metodo classico Brasile

Vermentino di Gallura DOCG Muzanu

L’anima mediterranea di certe regioni non smette mai di affascinarmi coi suoi profumi! E il Vermentino di Gallura di cantine Muzanu, realtà a nord del massiccio del Gennargentu, ne è una prova. Il loro Lalla offre un colore paglierino intenso nel calice, profumi ampi di macchia mediterranea fra erbe aromatiche e selvatiche, note di cera d’api e miele di castagno, e un vivace brio floreale. Agrumato e con punte di sentori iodati, al palato è intenso e deciso ma ben equilibrato, secco e al tempo stesso grasso e avvolgente.

Lalla Vermentino di Gallura Muzanu

Merlocco dalla Laguna veneziana con azienda Laguna nel bicchiere

Merlocco è il nome curioso di un vino che assaggio facendo capolino fra gli espositori del Veneto, trovandomi per la prima volta ad assaggiare un prodotto originario dalla Laguna veneziana. Mi lascio raccontare la storia, e fine degustazione decido che forse è la realtà che mi porto a casa con più soddisfazione in fatto di assaggi inediti. Anzitutto più che parlare di “azienda” bisognerebbe parlare di associazione. Laguna nel bicchiere è infatti un’associazione che ha lo scopo di valorizzare e ritrovare territori dimenticati, conservare tradizioni e tramandarle alle nuove generazioni. Nata dall’unione di amici sommelier, osti, e ovviamente vignaioli, l’associazione organizza anche diverse proposte che fan toccare con mano ciò che si articola dietro la produzione del vino. Il cuore della produzione si trova all’interno del vecchio convento francescano di San Michele. Qui il progressivo recupero delle vigne, da parte dell’associazione, ha permesso un vero restauro e riqualifica dell’ambiente. Il contributo dei vignaioli ha man mano permesso anche di migliorare sempre più anche la tecnica di produzione dei vini, che tuttavia non hanno l’ambizione di essere “perfetti”!

Assaggio quindi il loro Merlocco, un Merlot prodotto in una zona chiamata Malamocco, separata dal Lido dai resti dell’antico porto locale. Un vino fresco e rustico, fragrante e un po’ vegetale, affatto banale, anzi! Devo dire che l’ho immaginato anche abbinato a una cucina di pesce perché il tannino di questo vino non è affatto spigoloso né il corpo eccessivamente strutturato. Il Sant’è invece, prodotto dalle vigne presso Sant’Elena, è un blend di uve fra cui Cabernet. Più profondo e dalle note mature rispetto a Merlocco, un bel gioco di intensità gusto-olfattive.

Vi consiglio senza dubbio la lettura di tutta la storia e informazioni che riguardano questa bella realtà a questo link!

Merlocco vino rosso la Laguna nel bicchiere

Le Strie, neo-amore per la Valtellina

Sono un amante del Nebbiolo, eppure devo ammettere che la Valtellina non mi aveva mai davvero entusiasmato finora nel calice quanto il Piemonte. Nessuna critica alla ben nota qualità dei vini prodotti in questa zona, semplice gusto personale! Ma assaggiando il Valtellina di Le Strie ho finalmente trovato il mio Valtellina del cuore. Mi ha conquistato da subito l’intensa finezza dei suoi profumi, profondi, calibrati, precisi. Ha un’immediatezza incredibile ma al tempo stesso non ha fretta di esprimersi nel calice, che quindi gusti davvero sapore per sapore. Alla degustazione era presente l’annata 2009, in quanto questo vino dopo iniziale affinamento per due anni in botte, svolge ulteriore affinamento per altri 6 anni in bottiglia. Perfetto per essere consumato subito, ma sicuramente longevo nel tempo. Ottimo anche il loro Sforzato, un’altra bella coccola da gustare lentamente!

 

Siete mai stati a un evento Vini da Terre Estreme? Fatemi sapere la vostra!

Alla prossima

 

 

[copyright immagine di copertina sito originale]