5 produttori, 1 visione

Svitati. Non nel senso di “fuori di testa”, ma per certi versi anche sì. Poiché la loro è una visione da sempre rivoluzionaria, innovativa, disposta ad andare controcorrente. Sono 5 i produttori che sulla scia di questa visione hanno dato vita a questa neo associazione chiamata Svitati. Chi sono e di cosa si tratta?

Pojer e Sandri, Graziano Pra, Maria Luisa Manna, Walter Massa, Silvio Jermann: pionieri indiscutibili ciascuno del proprio territorio di appartenenza. Hanno fatto la storia, valorizzato la tradizione, accolto l’innovazione. Hanno rischiato quando c’era da rischiare.

Lunedì 6 marzo nei locali di Villa Sorio a Gambellara, hanno riunito amici e colleghi del settore per presentare la loro nuova sfida, ovvero: rilanciare il futuro del tappo a vite, che in Italia ancora non è del tutto ben accolto. Ma i tempi sono (e stanno) cambiando continuamente. Come la questione della tappatura delle bottiglie. Il sentore di “tappo” ad esempio, è da sempre uno dei crucci che interessano tutti coloro che di fronte a una bottiglia di vino temono sempre che una volta stappata possa rivelare il fatidico sentore. Ma siamo tuttavia ancora troppo convinti che il sughero sia sempre la soluzione migliore.

I tempi ormai sono però abbastanza maturi per confermare che non è sempre così. Come spesso accade, siamo più condizionati dall’opinione collettiva che dalle fonti più attendibili. In ogni caso, la questione del tappo diventa quasi un affare di stato, che sembra creare una divisione netta tra tradizionalisti ed innovatori. Chi sostiene che solamente il sughero sia l’eterno vincitore, chi guarda al futuro con un occhio critico e attento alle alternative.

Per quanto mi riguarda, mi sono sempre detto un sostenitore del tappo a vite, ma senz’altro partecipare a questa iniziativa ha ampliato la mia cultura e curiosità a riguardo!

Il tappo a vite, parliamone

L’evento dello scorso 6 marzo ha quindi avuto come focus centrale proprio il tappo a vite e il suo futuro nel mercato globale, ma è stato senz’altro interessante considerare soprattutto come sta reagendo il mercato italiano, da sempre più affezionato alla tappatura tradizionale in sughero. Il tappo a vite si pone come adeguato e innovativo intermediario, che certamente non è esente da fattori “contro”, ma che negli ultimi anni sta dimostrando soprattutto fattori “pro”. I 5 Svitati appartengono a coloro che più di altri ci hanno creduto sin da tempi non sospetti. Il loro lavoro, la loro ricerca, il loro sperimentare continui, hanno prodotto dei risultati davvero molto interessanti, che hanno presentato in occasione della presentazione di Svitati. Divulgare, informare, seminare conoscenza, accompagnare: questi alcuni degli obiettivi che anche attraverso questa giornata si sono posti.

L’evento ha ospitato una iniziale conferenza stampa, dove sono intervenuti i 5 produttori, Kevin Judd della Greywacke neozelandese, Fulvio Mattivi docente ed esperto in chimica degli alimenti, e il prof. Davide Rampello. Presenti anche Stelvin e Guala closures.

Ecco devo dire che sono stato totalmente rapito da molteplici riflessioni e spiegazioni. Da quelle ovviamente inerenti a studi ed analisi condotte a favore dei vantaggi del tappo a vite. A quelle più inerenti la chimica del vino, che spesso passano in secondo piano, specie se non si è “del settore”. Essere circondato da esperti e colleghi così preparati e coinvolgenti è stata per me davvero un’esperienza privilegiata.

Abbandonare non tanto “il sughero” quanto anzitutto la diffidenza

Non voglio essere riduttivo, né tralasciare dettagli preziosi, ma vorrei con poche parole spiegare perché valga la pena associarsi a coloro che vedono nel tappo a vite un alleato e non un nemico da guardare con diffidenza. E’ la diffidenza che nasce ad esempio quando ci si chiede se un vino tappato con la vite possa avere la stessa longevità del sughero. In alcuni casi, come è emerso durante la degustazione comparata di alcuni vini portati dai 5 Svitati (stessa annata, tappatura diversa), l’ha addirittura superata! Oppure è la diffidenza di chi, abituato ad associare il tappo a vite a vini di scarsa qualità perché abituato a vederne a pochi soldi nei supermercati. Questa però è una visione superficiale, perché bisognerebbe sempre valutare con obiettività il prodotto nel calice e non “l’abito”.

Fra gli altri fattori pro del tappo a vite, ci sarebbe senza dubbio anche una interessante prospettiva in termini di sostenibilità. I costi di produzione sarebbero decisamente inferiori, si impiegherebbe meno sughero, lo smaltimento e il riciclo sarebbero ottimizzati. Senza contare che si scongiurerebbe il famigerato “sentore di tappo”.

Certamente non per tutti i vini la soluzione del tappo a vite sarebbe sempre l’ideale. Alcuni rossi corposi e complessi ad esempio, sembrano ancora beneficiare positivamente del tappo in sughero. Anzi, interessante è stato quel momento della degustazione che ha visto proprio il confronto dello stesso vino imbottigliato tradizionalmente e con la vite.

Tra le differenze maggiormente recepite fra una e l’altra bottiglia, si è ad esempio apprezzata una sensazione di maggiore freschezza e immediatezza olfattiva nei vini imbottigliati col tappo a vite su quelli imbottigliati tradizionalmente. Tanto da sembrare quasi più giovani o meno complessi. In altri casi è stato invece interessante soffermarsi anche sulla variazione cromatica. Come ad esempio il Sauvignon 2007 di Pojer e Sandri, con cui si è visto una virata sostanziale del colore nella bottiglia tappata col sughero rispetto a quella tappata a vite.

La parola alla qualità

La degustazione di lunedì ha sicuramente avuto il grande valore di testare pro e contro dell’impiego del tappo ha vite. Di esplorare nuovi orizzonti e stimolare l’apertura mentale verso un argomento che dovremo cominciare a masticare di più. E meglio! Ma ha senz’altro offerto anche la possibilità di assaggiare prodotti di eccellente qualità. Il frutto di un lavoro e di anni di investimento costante da parte di questi audaci produttori. E’ stato davvero un piacere poter sedere a tavola accanto a ospiti illustri, ascoltando questi artisti del vino raccontarsi e insegnare. Vorrei dire che qualche vino forse l’ho apprezzato più di altri, ma al tempo stesso ciascuno mi è entrato nel cuore!

I protagonisti della degustazione comparata:

– Silvio Jermann con il suo Vintage Tunina 2013. Un vino perfetto, da manuale, ricamato di eleganza e potenza al tempo stesso. Emblematico ed austero, ricco di persistenza. Un bianco che supera i limiti, soprattutto quelli dettati dal passare del tempo.

– Pojer e Sandri con il suo Sauvignon 2007. Dalla linea dei classici, un aromatico molto interessante da comparare sia negli aspetti evolutivi che ti mantenimento nel tempo. Inizialmente ancora un po’ esuberante al naso con toni di frutta matura, note minerali e sulfuree, poi note eteree e di smalto.

– Fraanz Haas con il suo Pinot nero 2015 “Schweizer“. L’eleganza quasi per definizione. Il frutto, l’intensità, i toni vellutati e intimi, lo rendono un vino capace tanto di adulare quanto di scuotere. Grandissimo rosso.

– Graziano Pra con il suo Soave Classico “Otto” 2010. Tra quelli che amo definire bianchetto a chi?? ci starebbe bene anche questo Soave di Graziano Pra. Un vino che rappresenta una sfida perché “Otto” è il più giovane di casa Pra. Eppure l’integrità con cui ha affrontato gli anni in bottiglia gli ha permesso di non esserne scalfito. Irresistibile la fresca mineralità ancora vivace unita alla intensa grinta agrumata.

– Walter Massa con la sua Barbera “Monleale” 2016. Walter si definisce acido come la sua Barbera, una Barbera a cui tuttavia è molto affezionato. Famoso per i suoi grandi vini bianchi, è un produttore che non ammette compromessi neanche sui rossi. I suoi vini esprimono una sincerità spesso tagliente, ma doverosa. Perché talvolta per far vivere il territorio nel calice bisogna superare la necessità di uscire con vini che piacciano. Se cercate una Barbera affabile, non la troverete certo in Monleale.

 

Hanno completato ulteriormente l’offerta di vini in degustazione altri eccellenti assaggi:

  • Ribolla gialla “Vinnae” e Pinot nero “Lonsblau” 2015 di Jermann
  • Muller Thurgau e Riesling 2020 linea Monogramma, e Merlino 19/07 di Pojer e Sandri
  • Moscato giallo secco e Moscato rosa 2021 di Franz Haas
  • Soave Classico “Staforte” di Graziano Pra
  • Derthona Timorasso 2017 di Walter Massa
  • Sauvignon neozelandese 2009 e 2017 di Greywacke

 

Grandi vini, grandi anime.

Grazie Svitati del vostro prezioso lavoro.

 

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