Stelle

Ieri sera ho partecipato alla serata “Stairway to heaven” organizzata da FerroWine, dedicata ai vini bianchi della Borgogna. Un’occasione per approfondire un territorio vasto e secolare che si fa amare per il rinomato Pinot noir ma che regala belle emozioni anche attraverso i suoi vini bianchi. La serata è stata solo parzialmente esaustiva, tuttavia mi è anche stata di stimolo per dare spazio ad altri futuri approfondimenti (alquanto necessari quando si parla di macro zone come la Borgogna). Totalmente a digiuno sull’argomento, non mi sento affatto capace di padroneggiarlo quindi mi limiterò degli appunti generali sui vini degustati, molto interessanti.

La grande intuizione cui si può arrivare già solo osservando una cartina del territorio della Borgogna, è quanto la ripartizione dei differenti vigneti dia origine a potenziali infinite sfumature. Un territorio per certi versi “asimmetrico” tanto quanto preciso ed affidabile. Un territorio che stimola inevitabilmente ad approfondire anche l’aspetto geologico che lo riguarda. Un aspetto che purtroppo troppo poco tendiamo in generale a prendere in considerazione. Mi ha sempre affascinato sapere quanto influente sia il luogo dove nasce ogni singolo vino. Una vecchia lezione mi ha insegnato che il vino prima di farsi in cantina si fa su un territorio. Da qui la sinergia col lavoro dell’uomo, un mix da cui hanno origine piccoli e grandi vini capaci di emozionarci. Non solo: capaci soprattutto di parlare proprio delle loro origini.

Affascinante eleganza

I vini degustati provengono da zone diverse della Borgogna, ma il filo conduttore più evidente è la tendenza acida e la buona struttura. Ho inoltre avuto la sensazione che ciascuno di essi si aprisse nel calice con una gradita eleganza e raffinatezza, le stesse che li rendono tanto prestigiosi. Poter degustare bianchi di un certo spessore è un’occasione per ricordarci che #bianchettoachi?! è un post it da tenere a mente quando nel calice troviamo vini del genere!

Ecco cosa abbiamo degustato.

1. Chablis Grand cru Valmur 2021 – Domaine Michelet

L’impatto è quello di note agrumate, grande mineralità, toni vegetali freschi, cenni di burro fuso. Aprendosi lascia spazio a ulteriori sfumature di idrocarburi, liquirizia e macchia mediterranea. L’acidità al palato è spiccata, il sorso teso e minerale tanto quanto largo e avvolgente. Leggermente grasso sul finale.

2. Domaine St. Denis Mâcon Lugny 2019

Anche questo calice apre il proprio bouquet con toni agrumati, un bel tocco di pompelmo rosa. Seguono frutta esotica e note floreali, ma anche una lieve tostatura e percezione di caramello salato. Al palato è dotato di ampia freschezza e salinità, ma è prevalentemente avvolgente e tondo. Interessante valutazione sull’area del Mâconnais, generalmente “sottovalutata” ma affatto banale.

3. Santenay “Les Terrasses De Bievaux” Justin Girardin 2021

Dalla Cote de Beaune un vino deciso e ampio, dalla spiccata e grintosa acidità, un sorso denso e di buon corpo. Sentori di idrocarburi, fiori gialli, note di crosta fiorita e cioccolato bianco.

4. Mersault Les Tessons Domaine Michel Caillot 2020

Forse insieme al primo vino quello che ho più preferito, dotato di una personalità intrigante. Ottima corrispondenza naso-bocca. Spiccano note tostate e di bruciato, balsamiche e mentolate, cenni di lavanda, un finale quasi animale di cuoio. Complesso e prestigioso, mi ha molto colpito.

 

Se qualcuno ha assaggiato altri vini della zona sarei curioso e disponibile a un confronto!

Alla prossima