Perle piemontesi

Cari amici, il mio articolo di oggi è focalizzato a raccontarvi un vitigno che ho recentemente approfondito, ovvero il Dolcetto. Impossibile dimenticarlo nella ampia lista di vitigni autoctoni piemontesi, senza contare che insieme a Nebbiolo e Barbera è senz’altro tra i più rilevanti.

Eppure pensate che la sua fama è stata per molto tempo limitata, ingiustamente, a quella di essere solo un vitigno adatto a vini facili, quotidiani e di pronta beva. Ma è davvero così? Mi sono posto questa ed altre domande sul Dolcetto, e per cominciare ad approfondirne le sfumature e capirne il potenziale, ho iniziato la mia ricerca a partire dall’assaggio dei vini di una cantina collocata nelle Langhe. Si tratta di Bricco del Cucù, guidata dalla giovanissima Irene Sciolla, produttrice molto attiva anche nella comunicazione social. Irene produce infatti molti contenuti inerenti non solo al lavoro di un produttore, ma anche ai diversi aspetti che legano il vino al proprio territorio. Al suo approccio dinamico e grintoso combina un pizzico di costante umorismo, che rende anche gli episodi più “rognosi” del suo lavoro meno pesanti!

La sua linea produttiva conta diverse interpretazioni di Dolcetto, compresa una new entry di quest’anno, che vede la realizzazione del Dolcetto in veste di…rosato! Prima di andare a conoscere questo e le altre proposte però, vorrei spendere due parole su questo vitigno raccontandovi qualcosa in più sulla sua natura e interazione col territorio.

Affatto…”dolce”!

In un vecchio articolo elencavo anche il Dolcetto tra i vitigni principali il cui nome è abbastanza curioso! In effetti molti associano il suo nome a un’idea di vino dolce, eppure si scopre molto presto che il Dolcetto è tutto fuorché dolce. Allora perché questo nome? Esistono diverse teorie a riguardo. Tra le principali c’è quella che spiega che l’uva (non il vino) Dolcetto abbia un’acidità inferiore rispetto ad esempio, al Nebbiolo o alla Barbera, e per questo viene percepita più “dolce”. La sua caratteristica principale nel vino, tuttavia, è proprio l’acidità, che non decade nel tempo favorendo anche una buona longevità. 

Grazie al lavoro di produttori come Irene che ne hanno risaltato il potenziale, ad oggi il Dolcetto sta guadagnando terreno tra i vini di punta piemontesi. Le sue qualità infatti, se adeguatamente valorizzate, ci rivelano un vitigno capace di dare vini di eccellente struttura e sostanza, meravigliosamente longevi. Insomma, un vitigno di grande stoffa. Anche per questo è stato  riconosciuto il suo pregio in ben tre zone conferite a D.O.C.G., ovvero Diano d’Alba, Ovada e Dogliani, quest’ultima la zona dove è collocata anche l’azienda Bricco del Cucù.

L’area del Dogliani

Nelle colline delle Langhe il microclima è ideale, soprattutto per la costante ventilazione che scongiura la formazione di malattie, a cui il Dolcetto è molto sensibile. Come per tutti i vitigni l’area di coltivazione può influenzare molto il vino che viene prodotto. Nel caso del Dolcetto ad esempio, laddove venga coltivato in presenza di terreni molto profondi e argillosi, molto umidi con poca ventilazione, viene raccolto prima, presentando acidità elevata e pochi zuccheri. Il vino che si ottiene è dunque tendenzialmente più facile e di pronta beva, meno alcolico e strutturato, quel tipo di vino che per molto tempo si è conosciuto parlando di Dolcetto.

Qui nel Dogliani invece trova un habitat ideale e un terreno perfetto: una marna calcarea non tanto profonda, molto minerale e con presenza di tufo. Questa composizione favorevole consente al vino di beneficiare soprattutto di una straordinaria carica cromatica e buona struttura.

Sensibile in vigna, anche in cantina è un’uva difficile da vinificare, perché non bisogna superare i 28 gradi, pena la possibilità che la fermentazione non si ultimi correttamente e che ne risenta il corredo aromatico.

Cosa aspettarci quindi nel calice? Come vi anticipavo, parliamo soprattutto di acidità, ma anche struttura e tannino. Il confronto tra le diverse etichette del Dolcetto di Bricco del Cucù mi ha permesso di soffermarmi sulle diverse sfumature di questo vitigno e apprezzarne la qualità. Vediamole insieme!

Da Impronta al Rosato: il Dolcetto di Bricco del Cucù

Come tutte le aziende, anche Bricco del Cucù prevede un assaggio “entry level”, attraverso Impronta, il Langhe DOC. Si tratta di un Dolcetto di pronta beva, ma non dovete aspettarvi per questo un vino banale e scorrevole, anzi! Già con Impronta, il Dolcetto rivela una natura grintosa e si presenta con un colore intenso e fitto, profumi di frutti selvatici, sapore pieno ed equilibrato. La sua “quotidianità” sta nell’essere un vino fresco e ben bilanciato, con note vivaci e accattivanti, nonché un tenore alcolico contenuto.

Il secondo step è il Dogliani DOCG, un vino che tecnicamente è già pronto da bere, anche se la sensazione che si ha assaggiandolo è che possa essere dimenticato per un bel po’ di tempo in attesa di rivelare ulteriori sfumature! Bevuto giovane tuttavia, vi fa senz’altro apprezzare le sue doti di freschezza e struttura, è un calice con maggiore complessità rispetto ad Impronta, ha più evoluzione nei profumi e pienezza al sapore.

Per questo vino è previsto lo stesso metodo di produzione di Impronta, eppure i due vini sono differenti tra loro. Come vi ho anticipato vi è anzitutto una diversa selezione di uve a monte per il Dogliani, mentre la “seconda scelta” destinata a Impronta riguarda grappoli più grossi provenienti da terreni più grassi, che presentano una minore concentrazione zuccherina. Questo consente di mantenere il vino meno alcolico e di più facile beva, senza tuttavia venire meno in personalità e qualità.

Esiste un ulteriore versione di Dogliani, il Superiore San Bernardo, attualmente in commercio con l’annata 2013, che però devo ancora assaggiare! Nell’ottica di quanto vi ho detto per il precedente vino, provate a pensare che rosso potreste trovarvi? Io sono ovviamente super curioso, ma anche Irene mi ha confermato che nonostante i suoi 7 anni non devo aver fretta di aprirlo! Prevede un passaggio in legno di 18 mesi (botte grande). L’azienda conserva ancora qualche annata più vecchia del San Bernardo, che a quanto pare non sembra mai risentire dello scorrere del tempo!

E finalmente anche rosato!

E veniamo infine alla new entry, che vorrei rendere un po’ più protagonista di questo breve focus sul Dolcetto perché è forse l’assaggio che riassume perfettamente quanta potenzialità abbia questo gran bel vitigno.

Abbiamo capito che non è solo in grado di dare vini di pronta beva, abbiamo capito che può semmai essere un rosso di grande stoffa capace di durare nel tempo regalando grandi soddisfazioni, ce lo siamo immaginato rosato?? Io stesso non sapevo bene cosa aspettarmi. Con le premesse di un’uva che dà molta sostanza al vino, sicuramente mi immaginavo un rosato grintoso. Molti purtroppo denigrano questa tipologia di vino liquidandola con un “non è né carne né pesce”, e secondo me questo capita finché non trovi un rosato con una bella personalità!

Su questa proposta l’azienda ha investito e creduto molto, in un periodo storico in cui le difficoltà sono dietro l’angolo e le disavventure che han portato alla messa in commercio non sono state da meno! Eppure eccolo finalmente pronto per essere degustato!

Per conoscere come si ottiene questo interessante rosato vi rimando al link dove sono annotati i vari passaggi produttivi!

La prima buona notizia che vi do è che questo rosato è godibile sia in estate che con temperature più fresche. Questa seconda considerazione in effetti è un indizio non ancora messo in atto! Ma appena lo berrete ve ne accorgerete da soli 😀

Si tratta infatti di un rosato che coniuga una decisa freschezza a una struttura ricca che si presta ad accompagnare anche piatti più corposi come quelli tipici delle stagioni più fredde. Ha buoni profumi di mirtillo e lampone, una delicata speziatura, e senz’altro un colore spettacolare che si fa apprezzare sin da subito! Insomma quasi un rosso vestito di rosato. Personalmente l’ho abbinato a un roast beef con scaglie di grana e provato anche con un risotto di funghi, abbinamenti centrati entrambi!

Dolcetto Rosato Langhe azienda Bricco del Cucù

Che nome??

Forse avrete notato che non lo ho mai chiamato per nome: non è un caso! Per la prima vendemmia di questo vino Irene ha infatti deciso che fossero i vari “degustatori” a suggerire un nome di fantasia, con una sorta di contest promosso dall’azienda che potete seguire sui suoi social e sito. Anche io ho partecipato col mio nome di fantasia, presto lo svelerò!

Ora a voi la parola: quali esperienze avete con questo vitigno? Lo conoscevate solo come vino semplice o avete assaggiato anche qualche versione più complessa? Sono pronto a conoscere anche nuove realtà che lo valorizzino e se avete dei consigli a riguardo…scrivetemi!

Alla prossima!