Aria di novità

Cari amici, sono di recente tornato a trovare l’azienda Terre Grosse di Zenson di Piave, una piccola realtà locale che ho già avuto modo di conoscere qualche tempo fa alla scoperta dell’autoctono Grapariol. Ho passato una interessante mattinata di confronti e assaggi con Linda e Nicola, i titolari, e Daniele Rigo, giovane ed entusiasta enotecnico, recente new entry a Terre Grosse. I protagonisti sono stati soprattutto alcuni vini-novità inseriti da poco nella linea dell’azienda. Si tratta di un Raboso prodotto in metodo ancestrale (già novità dall’anno scorso) e un Manzoni bianco macerato in anfora. Due proposte certamente estreme ma con cui Terre Grosse ha voluto rappresentare il potenziale di entrambi i vitigni.

Avevo già apprezzato dell’attuale gestione dell’azienda la voglia di puntare a innovazione e miglioramenti continui, pur facendo della tradizione le basi solide da cui partire. Tutto ciò si sta concretizzando via via sempre di più. Dalla recente conversione al regime biologico, all’introduzione di vitigni resistenti (piwi) o di nuove etichette volte a valorizzare il potenziale dei vitigni locali. Questo talvolta comporta anche provare qualche azzardo ma i risultati stanno dando sempre più buoni frutti!

Con una produzione che conta ad oggi circa 20 mila bottiglie (che bello sentire questi numeri!), Terre Grosse è una piccola ma significativa realtà locale che sta diventando sempre più un punto di riferimento per questa zona di produzione.

Raboso e Manzoni bianco, non scordiamoci di loro!

Raboso e Manzoni, due vitigni a cui sono personalmente molto affezionato, e che ritengo essere molto significativi. Il loro potenziale è notevole, e il loro legame con la terra veneta indiscutibile. Il Raboso che nasce nelle terre argillose e ghiaiose del Piave, si esprime come vino grintoso e ricco di acidità, che adeguatamente vinificato regala belle soddisfazioni. Il Manzoni bianco, frutto dell’incrocio perfetto tra due varietà, Riesling e Pinot bianco, è un vitigno un po’ difficile in vigna, ma che dà vini di incredibile personalità, buona struttura e incredibile longevità.

Terre Grosse crede in entrambi i vitigni, e li interpreta in diverse versioni. Vi racconto quelli assaggiati da me (non in ordine di come li ho assaggiati).

Raboso

Raboso Ancestrale Veneto IGT

Si parte con l’assaggio del Raboso proposto dall’anno scorso anche nella versione sur lie ottenuta dalla tecnica “ancestrale”. Il mosto viene imbottigliato  prima che si concluda la fermentazione senza filtrazioni, per consentire la presa di spuma e mantenere tutte le qualità olfattive del vitigno. Servito limpido o torbido, ha un’effervescenza vivace e cremosa. I profumi ricordano molto gli agrumi, pompelmo rosa fra tutti, ma anche frutti a bacca rossa, una delicata e accattivante speziatura.

Una versione che convince proprio per la sua capacità di interpretare le caratteristiche del Raboso in modo praticamente perfetto: un’acidità grintosa (che valorizza anche il tipo di vino stesso), unita a un basso residuo zuccherino. Super approvata da me anche per il suo “distaccarsi” dalla consueta proposta di vini a base Raboso servito come vino amabile e frizzante, che si rivela invece in questa veste con la sua vera identità.

Il calice finisce velocemente però! 😉

Accompagna alla grande aperitivi molto graditi qui in Veneto, soprattutto la fettina di polenta con il musetto sopra! Ma anche salame fresco cotto alla griglia, senza escludere cartocci di sarde fritte e una bella busàra.

Raboso metodo ancestrale azienda Terre Grosse Zenson di Piave

Raboso Piave Veneto IGT 2018

Un altro vino che esprime le caratteristiche del vitigno con grande franchezza. Rustico, intenso, profondo e avvolgente, ha profumi golosi e pieni di frutta scura, marasca soprattutto, poi sottobosco, note speziate, buona persistenza. L’aspetto interessante è che per questo vino è previsto un leggero appassimento per una piccola quantità delle uve, poi vinificate a parte con passaggio in tonneaux di rovere.

Questo regala al vino un bellissimo equilibrio soprattutto della parte acida che, presente come il Raboso dovrebbe, è piacevole e affatto pungente. Assaggio un 2018, già godibile e perfetto così, ma che promette un’interessante maturazione se aspettato un po’ di tempo. L’assaggio più vicino a un Malanotte che ho provato finora!

Accompagna altri piatti della tradizione, dalla pasta e fagioli, al pastin o al bollito di lingua e sempre al musetto, ma anche formaggi locali come il Piave stravecchio.

Manzoni bianco

Manzoni bianco Veneto IGT 

Come vi ho anticipato, il Manzoni bianco è un vitigno un po’ difficile in vigna, e per questo non tutti i produttori decidono di tenerlo. Terre Grosse è tra quelli che ha deciso tuttavia di sfruttare al massimo il potenziale di questo grande vitigno, che produce poca quantità ma generosi risultati.

Nella sua versione base è già un gran bel calice. Si propone come vino fresco e sapido, introdotto da profumi eleganti dall’impronta minerale e lievemente sulfurea. Si apre nel calice con altri sentori avvolgenti, frutta esotica e secca, lieve accenno di noce moscata. Chi conosce questo vitigno sa che sono tutti profumi destinati a maturare in modo accattivante e incredibile. Al palato è inoltre di buon corpo e struttura, ben equilibrato. Per questo vino è previsto un leggero affinamento in tonneaux.

Bella la sua versatilità in cucina, dove accompagna piatti sia di terra che di mare, senza escludere pietanze a base di verdure e legumi. Per la sua ricca struttura supporta facilmente piatti ricchi e abbastanza saporiti. Il mio abbinamento preferito con questo vino è senza dubbio quello con il salmone al forno e patate!

Concreto, Manzoni bianco in anfora Veneto IGT – novità 2020

Per Terre Grosse impiegare l’anfora per il Manzoni bianco è stata una vera sfida. Esplorare il potenziale di un vitigno significa credere nelle sue carte vincenti, osare, anche se non si può sapere da subito quali saranno i veri risultati.

Con la proposta del Manzoni macerato in anfora questa azienda si è dimostrata pronta e capace a volersi spingere nel suo piccolo alla ricerca di nuove sfumature, espressioni del prodotto locale, tecniche lavorative finora mai affrontate. Con grande competenza hanno ottenuto quindi un altro piccolo successo, destinato a un pubblico forse più di nicchia ma che non mancherà di gratificare il loro impegno.

Sono state prodotte circa 700 bottiglie, un numero che mi fa venire la pelle d’oca perché mi fa apprezzare ancora di più le piccole realtà e la qualità che sempre più c’è dietro a loro.

La scelta di usare la terracotta ha consistito anche nello sfruttare il potenziale dello stesso recipiente, che grazie alla sua microporosità garantisce ossigenazione adeguata. Non cede parti tanniche o aromi terziari: possiamo dire che tutto quello che sentiremo nel vino sarà del vino stesso.

Concreto è tutto questo, un vino che si esprime sinceramente e lentamente.

Nel calice non ha l’aspetto di un vero e proprio orange wine: sia perché la varietà non rilascia molto colore, sia perché si è voluto minimizzare l’ossidazione delle bucce durante la vinificazione. Il vino rimane a contatto con le proprie bucce per 4 mesi, per poi seguire un ulteriore affinamento in anfora per altri 7. Nessuna filtrazione, dopo l’imbottigliamento è previsto un ulteriore tempo di affinamento in bottiglia per altri 4-5 mesi.

Dicevo che non ha un colore che ricorda l’orange vero e proprio, ma si presenta con un aspetto paglierino dorato bellissimo. I profumi sono fini ed eleganti, sempre legati a sfumature minerali, iodate, sulfuree. Seguiti da note di frutta matura, toni balsamici, nocciola tostata, sentori vegetali. Al palato riporta la grande struttura del vitigno, confermandosi pieno e sapido, avvolgente e di buon equilibrio. Sarà tuttavia il tempo a regalare ulteriori sfumature organolettiche che lo valorizzeranno ed amplieranno.

Crederci

Con queste righe ho voluto valorizzare il lavoro svolto finora da questa azienda che sono tornato a trovare con entusiasmo. Oltre all’accoglienza sempre disponibile e calorosa ho ritrovato una realtà competente e in continua crescita, che investe nel proprio futuro e che se deve osare osa sfruttando quello che il territorio ha da dare, apprendendo anche nuove tecniche e sperimentando, come si è visto con Concreto.

Bravi Linda, Nicola e Daniele per crederci così tanto, il vostro lavoro sarà senz’altro ripagato oggi e in futuro!