Seconda puntata

Torno con una nuova puntata di Abbinamenti libro-vino! Come vi accennavo nello scorso articolo dedicato a questa nuova rubrica, fra i primi libri che ho selezionato ci sono quelli di un autore che ho recentemente letto ed apprezzato molto, Luigi Garlando.

Il libro di cui vi parlo oggi è Mosche, cavallette, scarafaggi e premio Nobel, che a discapito del titolo poco invitante, racconta una storia grandiosa. Ispirandosi ad una vicenda vera, Luigi Garlando ci porta questa volta a conoscere una delle personalità che più ha lasciato il segno nella storia italiana. Quella di Rita Levi Montalcini, illustre donna che ha dedicato la propria vita alla scienza e alla ricerca. Devo ammettere che la sua figura mi è sempre stata familiare, ma non avevo mai approfondito la storia delle sue scoperte. Il libro è stata una buona occasione per rimediare, ma anche per apprezzare alcuni insegnamenti indiretti del protagonista del racconto. Perché in Mosche, cavallette, scarafaggi e premio Nobel alla figura della celebre scienziata si unisce quella di un uomo, che sin da ragazzo impara a cogliere quanto a volte nella vita dalle situazioni apparentemente più insignificanti possano nascere incredibili opportunità.

ll libro

Questo libro nasce infatti in seguito all’incontro di Luigi Garlando con Luigi Aloe, nonno di due ragazzi appassionati alla serie Gol dell’autore stesso, che viene messo a conoscenza di una storia bellissima riguardante il passato di Aloe.

Di che storia si tratta? Quella che lo vide arrivare a diventare assistente di laboratorio della famosa scienziata, e ad instaurare con lei anche un rapporto di sincera amicizia, tanto da accompagnarla diversi anni dopo anche alla consegna del premo Nobel.

Ma fu un privilegio guadagnato con non pochi sacrifici, e un’occasione che Luigi non avrebbe sicuramente mai immaginato di poter ricevere considerando le difficoltà del suo passato. Nel libro Garlando racconta tutto ciò: della biografia di Aloe, e di come la sua strada incrociò quella di Rita Levi Montalcini.

Luigi (detto Gigino), ha origini calabresi, e arriva da una famiglia di poveri pescatori, che sin da ragazzo impara a sostenere con sacrifici e duro lavoro. La prima esperienza è quella presso il sarto del paese, che inizialmente gli dà il compito di catturare mosche per sfamare il suo merlo. Il sarto gli svela il trucco: per catturare le mosche vai loro incontro, mai da dietro. E gli spiega: è un po’ come nella vita, per viverla con le sue opportunità valle incontro e non rincorrerla. Un paragone forse un po’ strano, ma Gigino ne farà tesoro servendosene in altre occasioni.

La sua giovane vita è un susseguirsi di sfide anche dure da affrontare, tra precarietà e lontananza dalla famiglia, ma Luigi non si arrende mai. Di fronte alle difficoltà persevera per migliorarsi e fa tesoro di ogni singola occasione per crescere. Alterna diversi lavori, sino ad ottenere un impiego in un laboratorio dell’Università di Perugia dove ha a che fare con le cavallette.

E’ in questo periodo che arriva la vera svolta nella sua vita. Una delle scienziate italiane più importanti sta cercando un giovane assistente di laboratorio da portare con sé in America. E’ Rita Levi Montalcini, che viene a conoscenza di Luigi grazie al professore per cui lui stava lavorando.

Da quel momento la storia scorre parallela tra Luigi e Rita Levi Montalcini. Per certi versi il loro percorso ha seguito lo stesso ideale: dedicarsi alla conquista di un destino che può essere vissuto accogliendo le sfide della vita con profonda umiltà. Se dalle prime pagine del libro siamo introdotti alla biografia di Luigi, e ne leggiamo la giovinezza fatta di non poche battaglie e difficoltà, in seguito leggiamo anche di una Rita Levi Montalcini grintosa ed energica, che a sua volta ebbe non poche difficoltà ad affermarsi come donna-scienziata ebrea, soprattutto nell’epoca delle leggi razziali.

Questa sorta di filo conduttore fra i due protagonisti, è ciò che al tempo stesso accorcia le distanze fra loro. Rita Levi non si pone infatti con superiorità nei confronti di Luigi, incoraggiandolo semmai con la sua educata forza d’animo e talvolta una pacata severità, spronandolo al meglio. Anche per questo Luigi non smetterà mai di andare incontro alla vita, dandosi mai per vinto e riscoprendo il valore delle sue proprie ambizioni. Arrivando, infine, anche a laurearsi.

Perché mi è piaciuto

Il libro è sicuramente un’occasione di approfondire quella che furono la vita e le scoperte di Rita Levi Montalcini in campo scientifico, e come sempre Luigi Garlando ha la capacità di trasportarti nella storia facendotela rivivere come se si trattasse di attualità. Con parole semplici l’autore ci introduce infatti a una delle più innovative scoperte condotte dalla illustre scienziata, attraverso la voce di Gigino, con ricchezza di dettagli ed aneddoti.

Ma è soprattutto una storia che stimola a perseverare di fronte gli ostacoli, e sprona a vivere la vita con diversi spunti positivi. Credendo sempre nelle proprie potenzialità, riconoscendo i propri maestri o aiutanti anche in situazioni inaspettate, senza giudicare preventivamente dalle apparenze. Agendo con umilità, senza prevaricare, senza aggirare le difficoltà. Non soffermandosi infine solo sui propri limiti o impossibilità, lo sguardo sbagliato con cui guardare alla vita. La stessa Rita ricorda sempre a Gigino che cambiare punto di vista consente di apprendere nuove cose.

E’ una storia in qualche modo attuale, un incoraggiamento gradito, soprattutto ai più giovani.

Il vino

Saver è (anzi era!) un vino prodotto dall’azienda Monteversa a base di uva Glera, secondo il metodo di rifermentazione. Dico era perché purtroppo questo vino non sarà più prodotto, ma a me in qualche modo è sempre rimasto nel cuore. Ho conosciuto la realtà di Monteversa durante una degustazione qualche anno fa, attraverso la figura di Giovanni Bressanin, anima dell’azienda. Da allora seguo costantemente i loro passi, le novità, i cambiamenti e via dicendo, apprezzando la semplicità dei loro valori. Con Giovanni poi, ogni incontro è sempre un’occasione di confronto e di arricchimento. La sua è una realtà guidata quasi più dalla voglia di comprendere anzitutto come valorizzare un territorio, che da quella di emergere commercialmente. Un continuo perfezionare e sperimentare, come le vicende di Luigi e Rita.

Saver è il vino che la prima volta mi ha più colpito di questa azienda, e pensare che per certi versi è così semplice! Mi ha suggerito l’Abbinamento libro-vino di oggi un po’ per il gioco di parole della parola stessa, Saver. In dialetto veneto significa Sapere, e questo mi ha immediatamente ricondotto al Sapere rappresentato della grande scienziata. Ma è anche un Sapere inteso come lampadina da tenere sempre accesa e viva, che sprona alla curiosità e alla ricerca.

Un po’ invece la tecnica con cui prodotto, la rifermentazione in bottiglia, mi rimanda a quella impiegata in passato per produrre i vini frizzanti. I primi errori, i primi esperimenti, tutti i passaggi che nel tempo hanno portato i produttori a migliorare e perfezionare la qualità.

E pensando anche al mondo del vino in sé, immagino quanta storia ci sia dietro ogni singolo chicco. Quanta fatica e passione di chi lavora la terra e quanto oggi possiamo beneficiare di tutto ciò. Una continua evoluzione, spesso fatta proprio di insegnamenti del passato e tecnologie moderne.

Saver è un calice fatto di profumi floreali e fruttati fragranti, una beva agile e fresca. Un inno alla semplicità che però ripaga con grande piacevolezza e spirito! Il pizzico di spensieratezza che sembra celebrare anche il libro di Garlando se pensiamo alla vita come una infinita e grandiosa avventura.

Il libro lo troverete sicuramente in biblioteca o in libreria, il vino no! Ma potrete sempre approfondire la realtà di Monteversa attraverso gli altri loro buonissimi vini e andare a farvi due chiacchere con Giovanni 😉

 

Alla prossima!