Il ritorno degli Svitati

Lunedì 4 marzo presso lo show-room Agnelli di Lallio a Bergamo si è tenuta la seconda edizione di Svitati. Proprio quell’evento che già alla sua prima edizione mi aveva tanto entusiasmato e che ho avuto il piacere di rivivere fra nuovi confronti e nozioni su un tema sempre scottante quanto innovativo.

In Italia vediamo ancora non proprio di buon occhio la chiusura delle bottiglie di vino col tappo a vite, mentre molti altri paesi lo hanno introdotto e diffuso con più naturalezza. Dentro una bottiglia chiusa col tappo a vite ci sarebbe del vino scadente: siamo combattuti fra questa antica reputazione e la necessità che non si perda uno dei rituali più tradizionali, l’atto della stappatura. Eppure c’è molto di più oltre queste premesse. In primis la necessità di cominciare a fare informazione seria verso il consumatore, che merita anzitutto di bere un vino sano e fatto bene la cui qualità possa essere preservata anche a partire dalla scelta dell’imbottigliamento. A questo è servito promuovere un evento clamoroso come Svitati, a fare della sana informazione.

Ma facciamo un passo indietro e ricordiamo anzitutto chi sono gli Svitati. Cinque produttori storici, iconici, che ciascuno per la propria zona hanno già compiuto delle rivoluzioni e affermato alta qualità. Sono Silvio Jermann, Franz Haas, Mario Pojer, Walter Massa e Graziano Prà. E lunedì scorso sono tornati, uniti insieme, nuovamente a disposizione per diffondere conoscenza e informazione a proposito del tappo a vite.

L’apertura…verso la chiusura!

E’ ciò che ho pensato mentre scrivevo appunti di continuo, imbalsamato dalle parole dei produttori e dai relatori che sono intervenuti durante le conferenze. Nonostante la difficoltà ad ammettere il tappo a vite come chiusura valida, grazie anche a una sempre più maggiore informazione ne stiamo cominciando a tollerare la validità. Quindi c’è un po’ di più apertura, ma non è sufficiente.

Introdotti da Emanuele Sansone di Guala Closures, partner dell’evento e leader mondiale nel mercato chiusure, ci siamo soffermati a riflettere sull’importanza di preservare la qualità. L’obiettivo dell’azienda infatti, per ciò che concerne il settore vino, è tutelare il frutto del duro lavoro dei produttori. Il tappo a vite può essere impreziosito, non ci sono solo chiusure “dozzinali”, ma anche prodotti di alta qualità. L’idea per altro portata avanti da Guala e dagli Svitati, non è quella di annientare il tappo in sughero, ma di permettere anche al tappo a vite di essere riconosciuto per le sue indubbie qualità tecniche. Farlo diventare una tradizione, perché anche il tappo a vite possa essere considerata una chiusura tradizionale.

Riflessioni

Nel corso della giornata annoto diverse riflessioni.

  • Perché solo in Italia e Francia la percezione del tappo a vite è quella che il contenuto della bottiglia sia di bassa qualità?
  • Si può trasmettere al consumatore l’idea che anche le grandi bottiglie possano essere tappate con il vite? Che anche i grandi vini destinati a lunghe evoluzioni possano beneficiarne? C’è l’esigenza di trasmettere al consumatore il concetto di longevità, nonché di scrematura di quelle che possono essere le deviazioni (alterazioni) date dal tappo in sughero.
  • E – suggerisce con un esempio Daniele Lucca, presentatore e voce conduttrice dell’evento – che fare per chi pensa che scegliere il vite equivalga a una perdita di romanticismo dell’atto della stappatura? Si potrebbe pensare a una provocazione, eppure concordo con la risposta dello stesso Daniele Lucca a chi gli aveva posto questo dilemma. Non viene meno il ruolo del sommelier, che in ogni caso non perde il suo ruolo di guida nei confronti dei clienti. La poesia si fa giudicando anche ciò che c’è nel calice, e le parole spese per un calice non performante non servono a nessuno.
  • L’intervento di Franz Haas Jr fa riflettere sull’ “ansia” che abbiamo quando siamo convinti che il vino necessiti di ossigenazione a lungo andare. Eppure, nel processo di compressione del tappo durante l’imbottigliamento, questo subisce una pressione molto elevata, che richiede diversi mesi per riassestarsi. Potrebbe allora entrare troppo ossigeno anche in questa fase, soprattutto se le ganasce che comprimono i tappi non sono perfette e presentano delle striature. Inoltre, sottolinea Franz Haas, la rincorsa al sughero non ne sta facilitando la scelta per qualità, anzi. La crescita della corteccia delle piante di sughero sono spronate in modo esasperato, ma questo non fa che abbassare le prestazioni dello stesso sughero.
  • Come suggerisce invece Mario Pojer, il tappo in sughero è un bene prezioso se fa la sua parte e non fa passare ossigeno. Ma la struttura di ogni singolo tappo è singolare e ogni storia a sé stante. Continuare a rischiare di perdere grandi annate e il lavoro che ci sta dietro ogni singola bottiglia non è più sostenibile a lungo.
  • Un concetto introdotto da Walter Massa e poi ripreso anche dal professor Michele Fino. Occorre che anche i disciplinari possano prevedere l’introduzione del tappo a vite come sistema di chiusura alternativo al tappo in sughero, ma c’è ancora molto freno a mano a tal proposito. Il professor Fino ci ha permesso di riflettere come l’assurdità della situazione stia nel fatto che sembra quasi che il tipo di chiusura impiegato vada a discapito del prestigio di una denominazione. Una questione di reputazione, insomma. Molto più importante di sostenibilità e innovazione, concetti che i produttori dovrebbero essere messi nella condizione di abbracciare anche in queste piccole opzioni.

“Vini sovrannaturali”

Affascinato dalle moltissime informazioni e delucidazioni che ho assorbito durante l’evento, realizzo al tempo stesso una verità amara. Quanta ostinazione c’è davvero contro tutto ciò? Il progetto Svitati rappresentato da cinque illustri produttori dovrebbe essere accolto a braccia aperte. Alla sua seconda edizione ha persino visto un “sesto” Svitato, Sergio Germano, della Ettore Germano vini. Un altro pioniere e rivoluzionario, che dal 2013 usa il tappo a vite su almeno 100 bottiglie di Barolo.

Quella degli Svitati in ogni caso non è una forma di anticonformismo. E’ il frutto di anni di studi, ricerche, sviluppo maniacale di tecniche sempre più precise e affidabili. Qui non si tratta di scendere in piazza a fare casino, si tratta di fare sana informazione. Accogliere un’innovazione da cui possiamo trarre beneficio tutti. Per godere di quei vini “sovrannaturali” come li ha ben definiti Walter Massa. Sono sicuro che i nostri pionieri affronteranno tutto a testa altra, ma mi amareggia un po’ pensare che dovranno quasi “combattere”.

Prima di partecipare all’evento Svitati non ne sapevo certamente ancora abbastanza, ma non ho mai guardato con sospetto al tappo a vite. Penso che ciò su cui dovremmo soffermarci sia proprio il contenuto del calice, e naturalmente lasciarci affascinare dalla storia di un territorio e produttore. Ben venga se oggi possediamo uno strumento in più per preservare ancora meglio la qualità.

In degustazione

Oltre che ad essere un’occasione di confronto e didattica, l’evento del 4 marzo ha certamente offerto la possibilità di perdersi fra assaggi di alto rilievo.

A cominciare dalla degustazione comparativa fra due Riesling di Ettore Germano e due Soave Classico di Graziano Prà, annata 2016, tappati con due chiusure differenti. Questo tipo di degustazione già affrontata la precedente edizione, si è rivelata come sempre illuminante per risaltare gli effetti positivi del tappo a vite. Due grandi vini bianchi che ancora rivelano freschezza e complessità lunga nel calice, lasciandoci piacevolmente meravigliati.

Soave Otto Graziano Prà

Walking around tasting, assaggi fra i banchi

Annoto in ultima alcuni appunti sui vini che fra quelli degustati mi hanno conquistato.

  • Un bellissimo e impeccabile Vintage Tunina 2013 di Silvio Jermann. Bianco complesso e raffinato, degno di un territorio iconico come il Friuli. Ottima e prestante anche la sua Ribolla gialla Vinnae 2014, dalle note minerali e piacevolmente arricchite di piccoli toni di idrocarburi.
  • Sauvignon 2022 di Pojer e Sandri, intrigante nei suoi profumi di pesca bianca, agrumi e toni minerali. Sempre top anche il suo Müller selezione Monogramma, dove freschezza e fragranza olfattiva fanno da cornice a un sorso vivace e sostanzioso.
  • Derthona Timorasso 2016 Walter Massa. Grande calice, complesso ed ampio, profondo e ricco di gusto che oltre che bere sembra quasi poter essere masticato.
  • Valpolicella Superiore 2020 Graziano Prà. Asciutto, con note speziate e lievemente erbacee e vegetali, si presenta con trama fine, impreziosita dal piacevole equilibrio fra le parti morbide e i tannini ancora un po’ vivaci.
  • Nebbiolo 2020 Ettore Germano. Diretto, spigliato, che lascia il palato asciutto e gradevole avvolgendolo con gusto nobile e molto equilibrato.
  • Pinot nero 2008 Franz Haas. Complessità ed eleganza rappresentano questo vino così prestigioso, dal gusto delicato tanto quanto intenso. Spesso scelgo il Pinot nero giovane, poco mi soffermo sulla sua longevità. Questo assaggio mi ha permesso di valutarne i pregi e le qualità anche a lungo termine.

In conclusione

Avevo quasi bisogno di dedicare queste righe a questo evento, perché è stato un onore poter partecipare. E mi ha fatto molto riflettere anche sul ruolo che abbiamo noi addetti ai lavori nella comunicazione e diffusione dell’informazione.

Succede che ti senti un piccolo pesce in un mare di idee, comunicazione e spesso ansia da prestazione. Anche il nostro amato settore vino viaggia alla velocità della luce. Alcuni contenuti preziosi spariscono troppo presto fra rapide stories ma per certe cose penso sia doveroso spendere del tempo per dei contenuti di migliore qualità. Questa forse è una provocazione che mi è inevitabile pensare quando vedo che oggi basta pubblicare la foto di una bottiglia per darle valore o meno. Ancora peggio se questo causa una situazione tipo: vedo l’immagine di una bottiglia col tappo a vite. Non mi interessa a priori, sarà sicuramente un vino mediocre.

Penso al lavoro portato avanti da anni da questi produttori e penso che meritino di lasciare un segno più incisivo anche fra i nostri profili, blog, siti e via dicendo.

Ci proviamo?

 

Alla prossima!