Ancora eccellenze

Bentornati con nuovi appunti dedicati ai migliori assaggi del mio Vinitaly 2024. Potete trovare i precedenti in questo articolo e in questo dedicato ai vini di cantina De Vigili.

Oggi l’attenzione è rivolta ad altri 3 produttori che coi loro vini mi hanno portato a conoscere una parte dei loro territori. Vi parlerò di Pecchenino, Fèlsina e Tenuta Santa Lucia.

Pecchenino

Per apprezzare il Dolcetto credo sia imprescindibile considerare la zona del Dogliani, territorio altamente vocato dove questa varietà cresce perfettamente a proprio agio. Si colloca infatti a sud delle Langhe, beneficiando di un clima più fresco e adatto a garantire le peculiarità del Dolcetto. In questo contesto troviamo l’azienda Pecchenino, la cui sede storica è proprio a Dogliani. Una seconda tenuta è invece ospitata a Monforte d’Alba, per la produzione dedicata al Barolo, mentre altri terreni di proprietà sono quelli di Bassolasco, vocati per la produzione di vini bianchi e dello spumante Alta Langa.

Di Pecchenino assaggio quindi i prodotti di questi tre fantastici territori. Conoscevo già quest’azienda per il loro Dolcetto, e ne avevo un ricordo molto positivo. Ecco i vini da segnalare.

Il loro Dogliani Superiore Sirì d’Jermu è un calice davvero notevole. Molto intenso, dove note più fresche e quasi vinose si alternano sfumature più terziarie, animali, con cenni di cuoio e pellame, infine altre più calde e intense di cacao e cioccolato. Il palato è di buon corpo, denso, lascia un finale piacevolmente asciutto ed equilibrato, considerando anche la giovane età. Una ottima proposta per conoscere le potenzialità di questo vitigno, capace di dare vini anche longevi.

Con il loro Nebbiolo Bricco Ravera ci spostiamo invece a Monforte. Anzitutto ha un colore tendente al granato davvero meraviglioso e limpido. Al naso mi conquista per le sue note di amarena, toni officinali e ampia e fine intensità. Al palato una squisita complessità e persistenza, scolpite da un tannino maturo e avvolgente.

Infine la loro proposta di Alta Langa. Due etichette, Psea Pas dosè e Ecole brut.  La prima ben fragrante e ricca di note di fiori di acacia, molto intensa e fine. Ha una bollicina cremosa che dona piacevole rotondità al vino nonostante si tratti di un pas dosè. Il loro Brut ha invece toni più vivaci e freschi, quasi più vegetali, mentre la bollicina si conferma fine e cremosa.

Fèlsina

Mi sposto in Toscana da Fèlsina, azienda che avevo messo in lista fra quelle che volevo conoscere. In particolare, vado per conoscere il loro Fontalloro. Ma oltre che in questo splendido vino, mi ritrovo a fare un piccolo viaggio nel Chianti, e vi anticipo solo che ho amato davvero ogni singolo calice assaggiato!

Lunga esperienza, tradizione, ma soprattutto un territorio unico e altamente vocato, sono gli ingredienti perfetti che hanno reso Fèlsina una realtà di alto livello. L’azienda che nel tempo ha potuto anche vantare di collaborazioni importanti come quella con Franco Bernabei, ha investito progressivamente nella valorizzazione del Sangiovese e nella sua vinificazione in purezza. Tutto questo consente alla nobile varietà di rappresentare con vini eleganti e nobili una delle più antiche aree di qualità toscane, quella del Chianti. Nonostante ci troviamo quasi su una zona di “frontiera” fra il Chianti Classico e le Crete Senesi, è proprio qui che nascono vini che raccontano un territorio straordinario ed eterogeneo, in grado di donare splendide sfumature in ogni calice.

Ecco i vini che ho degustato al loro stand.

Chianti Classico Riserva Berardenga 2020

Fine austero, rivela ottima speziatura con cenni di cardamomo, sottobosco e toni fruttati. Palato asciutto, un tannino piacevolmente ruvido.

Chianti Classico Riserva Rancia 2020

Dotato di maggiore speziatura rispetto al Berardenga, impreziosito da ulteriori note di tabacco, cenere e fiori secchi. Palato equilibrato e dal piacevole piglio mediterraneo e caldo.

“Fontalloro” IGT Toscana 2020

IGT perché nasce come vino “di confine”, in quanto le uve – di natura eccellente – giungono da vigne di pertinenza di due DOCG distinte (Chianti Classico e Chianti Colli Senesi). Eppure, grande interpretazione di Sangiovese! Ancora giovane nel bicchiere non teme affatto il passare del tempo, ma intanto si esprime con immediatezza e intensità, risultando un vino ricco di personalità che al tempo stesso si beve con piacevolezza.

Chianti Classico Gran Selezione Colonia 

L’ultimo calice di Chianti che degusto, e forse anche quello dotato di maggiore profondità e complessità. I toni strutturati non coprono tuttavia la finezza che appartiene a questo nobile vino.

Le mie note veloci non sono sicuramente esaustive, ma vi garantisco che ogni singolo calice di questa azienda mi è super piaciuto!

Tenuta Santa Lucia

Alla Organic Hall raggiungo un amico da Tenuta Santa Lucia. E’ qui che scopro una nuova realtà romagnola biodinamica. I vini sono raccontati direttamente dal proprietario, Paride Benedetti, un personaggio dal carisma coinvolgente! Per lui la sintonia col territorio è un valore profondo, e va ricercata rispettando anzitutto la terra, poi cercando di valorizzare i prodotti del territorio.

Mi piace in particolare il suo concetto di non voler “avvelenare la terra“. Ma anche l’idea che per fare viticoltura di qualità si possano integrare il sapere della tradizione e l’apertura dell’innovazione, poiché l’obiettivo è pur sempre quello di fare vino ma farlo nel pieno rispetto della natura.

La produzione di Tenuta Santa Lucia punta sulle varietà autoctone, come Sangiovese ed Albana, ma anche Centesimino o Famoso. Nei loro vini la tipicità di ciascun vitigno è rispettata e valorizzata, e la proposta spazia da vini più beverini e immediati a vini più complessi e di corpo.

Mi sono trovato ad apprezzare un altro particolare, ovvero la costante pulizia ed equilibrio presente in ciascun calice. Considerando la poca “manipolazione” svolta devo dire che non è affatto scontato. Esistono infatti purtroppo anche realtà che dietro al termine “biodinamico” o “biologico” giustificano eventuali anomalie o imperfezioni del vino.

Ma lo stesso Paride ci tiene a sottolineare il fatto che fare biodinamico e non ricorrere a metodi più convenzionali, non deve privare il consumatore di un calice buono, privo di odori sgradevoli o altri difetti. Occorre trattare bene la materia prima, lavorare in sinergia col territorio, ma anche svolgere le corrette pratiche di cantina, per poter puntare a fare vino di qualità.

Ed ecco i miei vini preferiti fra quelli assaggiati a questo Vinitaly!

Biēnch metodo ancestrale 

Ottenuto da uve Albana e Famoso, questo metodo ancestrale si caratterizza per la vivace briosità e le note fragranti e fruttate. Ricco di piacevole acidità ma anche una parte di morbidezza. Si beve che è un piacere!

Famous

Sono rimasto molto colpito dall’intensa aromaticità di questo vino! Molto floreale, dai cenni un po’ speziati anche, quasi esotico, dotato di ottima freschezza. In bocca sapido e di buon corpo, permane lungamente nel palato.

Pagadebit

Più delicato del Famoso ma sempre dotato di intensa aromaticità, dai richiami di mela verde ed agrumi. Anche al palato è fine e delicatamente intenso, con una buona parte minerale nel finale.

Sassignolo Sangiovese Superiore

Ottimo anche il loro Sangiovese Superiore, intrigante nella sua complessità nonostante le prevalenti note di frutta un po’ selvatica. Richiami anche speziati ed erbacei che continuano anche al palato, di buon corpo ed equilibrato.

 

Ps: ne ho fotografate solo due, ma che belle sono le etichette??

Anche per oggi è tutto, ai prossimi ed ultimi appunti del mio Vinitaly 2024!